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Recensione: Ascoltarsi, ascoltare Le vie dell’incontro e del dialogo

Ascoltarsi e ascoltare: per un musicista è quasi un’ovvietà almeno in linea teorica!
In concreto sappiamo bene che prestare attenzione è un’arte complessa e articolata molto più che scontata e implicita nell’atto del far musica.
In questo intenso libro però non si parla direttamente di ascolto musicale tradizionalmente inteso ma di un ascolto profondo a partire da sé, dal silenzio, attraversando questo universo interiore in quindici tappe dove l’autore delinea con cura le differenti modalità dell’udire.
“Nell’ascoltarsi, nell’essere ascoltati e nell’ascoltare prendiamo coscienza della nostra e altrui esistenza, strutturiamo la nostra e altrui identità. Se viene meno anche solo una di queste esperienze, corriamo il pericolo di diventare stranieri a noi stesso e all’altro”. Castellazzi ci propone d’indagare la difficile arte dell’ascolto come esperienza capace di trasformarci profondamente soprattutto in questo nostro tempo in cui molti parlano ma pochi ascoltano.
Ne è un esempio l’ascolto bulimico del nostro tempo che nutre un pensiero corto, dove non c’è spazio e tempo di riflessione e dove si perde la dimensione soggettiva a vantaggio di una dimensione anonima tra anonimi. I social network rappresentano oggi gli strumenti attraverso i quali sopperire in fretta al vuoto interiore che ciascuno vive accontentandosi di qualsiasi interlocutore anche anonimo e senza volto.
L’autore, osservando da un punto di vista psicoanalitico, c’invita a riflettere anche sulla paura di ascoltarsi, pratica che non è mai troppo agevole sia che lo si faccia in solitudine che in compagnia dello psicoterapeuta. “Talvolta il prendere coscienza delle radici della propria esistenza… l’entrare in contatto con il vero Sé, per anni vissuto come uno straniero e percepito come una minaccia perché non coincidente con la propria identità cosciente, è talmente angosciante che il paziente preferisce interrompere perfino la terapia innescando così una precipitosa fuga da se stesso”. Ma come agire per individuare la presenza di una resistenza ad ascoltarsi? Il libro ci propone di osservare in particolare la nostra tendenza a esercitare l’ostinazione, il fanatismo e l’intolleranza intesi come forme d’irrigidimento del proprio pensiero e comportamento.
Ma questo tipo di chiusura, d’indurimento non accade forse anche nell’esperienza del far musica? Quando si crede di ascoltarsi e ascoltare ma in realtà lo si fa in modo stereotipato e poco aderente al proprio reale percepire? Quando prestiamo attenzione a una musica, il nostro impegno implica o dovrebbe implicare una curiosità, una sospensione del giudizio a favore di un’ osservazione attenta e autentica del reale. Se ci concediamo di collocarci di fronte al sonoro senza dogmi prefissati saremo sorpresi di vivere un’esperienza sensoriale molteplice e non vincolata a configurazioni pre-stabilite.
Proseguendo nella lettura del libro si affronta il tema dell’ascolto del nostro interlocutore e non solo delle sue parole ma anche dei suoi silenzi, del suo parlare tramite il corpo in una circolarità che include l’attenzione a sé favorita dalla relazione e viceversa dove il bisogno di essere ascoltati è l’urgenza di essere riconosciuti. “E’ un dato di fatto che quando nell’esperienza dell’ascolto ci capita di trovare nell’altro il riflesso del nostro mondo emotivo ci sentiamo più integri, più compiuti e anche più leggeri poiché finalmente troviamo una pelle psichica che ci avvolge e ci contiene.”
Il Buon ascolto e agli Ostacoli che ne impediscono il limpido fluire sono gli altri argomenti analizzati e in estrema sintesi potremmo dire che: “… un buon ascolto esige il riconoscimento dell’altro nella sua irriducibile diversità” così come “Non c’è un buon ascolto se manca l’apertura al nuovo”. Gli intralci al prestare attenzione sono tutti quelli che vedono il soggetto protagonista assoluto con tutti i propri pre-giudizi, intolleranze, fretta, in una parola chiusura nei confronti di chi esprime un punto di vista diverso dalle proprie aspettative.
Si contrappongono a quest’assenza di collegamento l’ascolto Empatico e l’ascolto Dialogico in termini di scambio libero e vicendevole senza giudizi ma costruito sul reciproco incontro e riconoscimento. Infatti prestare attenzione in modo reciproco e autentico produce in entrambi gli interlocutori un cambiamento tanto che dopo un’esperienza di questo tipo nessuno rimane più come prima. La trasformazione avviene anche nel nostro udire intimo, interiore, dove possiamo restare in contatto con le nostre zone fragili e dove il nostro io si trasforma proprio riconquistando il silenzio e l’introspezione in una disponibilità aperta verso noi stessi.
Anche in musica: restare aperti, disponibili alle novità, coltivare un grado di avventurosità possibile verso repertori, interpretazioni diverse dalle nostre rassicuranti certezze ci apre ad accogliere qualcosa che magari ancora non conosciamo così bene. “ Un apprendere che, per essere autentico, comporta un disapprendere quanto si è precedentemente strutturato”.
L’esercizio dell’attesa rappresenta un tempo per l’interlocutore di esprimere il proprio sentire, un tempo proprio, giusto per sé. Anche l’aspettativa è mutuabile in musica: l’attesa come il tempo in cui il l’interpretazione del brano si struttura e ci permette di entrare in eco con esso, in una risonanza empatica e incarnata tra ascoltatore e interprete.
Nella seconda parte del libro tre capitoli sono dedicati all’ascolto del Corpo includendo il volto
gli occhi, la voce e l’orecchio considerando psiche e corpo come due realtà coincidenti dove l’identità individuale vive nell’esperienza corporea personale.
“Il nostro corpo e il corpo dell’altro sono corpi vivi, corpi vissuti. Soprattutto sono corpi-biografia, corpi-messaggi, corpi che parlano, che comunicano, che possiedono un loro linguaggio. Sono corpi, quindi, che vanno ascoltati”.
Nel capitolo Ascoltare oltre la voce e oltre l’orecchio si pone l’accento sull’importanza del suono della voce, della sua sonorità specifica. “ Non c’è buon ascolto se è carente l’attenzione alla sonorità della voce.” “La voce è l’anima che si fa suono”. La voce esprime suo malgrado tutte le sfumature emotive del sentire interiore è in qualche modo lo specchio riflettente dell’intimità personale. Il riferimento principale è agli studi di A. Tomatis sulla funzione dell’orecchio nell’ascolto come atto intellettuale ed emotivamente implicato nella relazione con l’altro.
Il testo termina con due capitoli dedicati all’Ascoltare il Dolore e all’Ascolto che Guarisce in termini di riconoscimento autentico e proprio dell’altro da sé. Tale identificazione sarà preceduta da un buon ascolto capace di conservare amorevolmente ciò che l’individuo dice o non dice con la parola. “Se la sofferenza è partecipata c’è meno sofferenza. E’ questo il modo vero per alleviare il dolore”. “Possiamo dire che c’è autentico ascolto del dolore quando si è disposti a elaborare dentro di sé la rappresentazione mentale della sofferenza dell’altro”.
Nella pratica dell’udire ci si dispone in una sintonizzazione che ci permette di prendersi cura dell’altro pur rimanendo sintonizzati sul proprio sentire emotivo.
Vi suggerisco la lettura di questo libro che ci fa riflettere profondamente sulla dimensione dell’ascolto personale e interpersonale. Un ascolto che ci vede tutti implicati nel nostro quotidiano ma anche nello specifico della nostra professione di docenti dove l’avventura dell’insegnare include la valorizzazione delle individualità, della curiosità di ciascuno insieme a una qualità di ascolto attento e continuamente sintonizzato sul presente vivo dell’incontro.
Anche nella pratica musicale si concreta un presente nel qui e ora fatto di aggiustamenti in tempo reale che interprete e ascoltatore riflettono a specchio in una sintonizzazione incarnata fin dal sentire più profondo e intimo. L’esperienza musicale è sempre un’esperienza di ascolto sia personale che collettivamente condivisa e con la lettura di questo libro è possibile fare una traslazione sull’ascolto sonoro e musicale ampliando così il nostro ventaglio riflessivo anche su sponde più propriamente vibranti.
Alessandra Seggi

VITTORIO LUIGI CASTELLAZZI è psicologo clinico, psicoterapeuta-psicoanalista, insegna Tecniche proiettive e psicodiagnosi della personalità all’Università Salesiana di Roma. Ha tenuto corsi d Psicologia dello sviluppo e Psicopatologia dello sviluppo all’Università Lumsa e all’Università degli Studi di Roma –Tre. Membro della Society for Personality Assessment e l’International Rorschach Society. Ha fondato la “Scuola Rorschach e altre tecniche proiettive” dell’Università Salesiana.
Ascoltarsi, ascoltare
Le vie dell’incontro e del dialogo – Edizione Magi 2011

Musicastudio

Letture, parole, riflessioni intorno al sonoro a cura di Spaziomusica Area Didattica.

Ogni terzo sabato del mese pubblicheremo una recensione su un libro, articolo o scritto che per ragioni diverse si lega al mondo del sonoro.

Recensione: Il POTERE DELLA MENTE come il pensiero agisce sul nostro cervello di Michel Le Van Quyen

Si potrebbe dire che la trattazione di questo libro ruota intorno a due domande:
Ciò che noi denominiamo mente è un’entità autonoma e divisa dal corpo che agisce su sé stessa tramite il cervello? Oppure potremmo dire che è totalmente collegata al corpo, prodotta dal cervello su esperienze vissute, e capace a sua volta d’influenzare il cervello e il corpo nella sua globalità?
Per un lungo tempo l’ipotesi di una reale influenza della mente sulla salute del corpo è stata oggetto di contestazioni. Oggi, grazie ai metodi d’indagine e agli studi neuroscientifici si è accertato e riconosciuto il carattere unitario e indivisibile dell’essere umano.
Sappiamo che le esperienze fisiche generano emozioni che si trasformano in immagini mentali, sentimenti e pensieri, e che tutto ciò produce i suoi effetti anche a parti invertite:
i pensieri e le emozioni si traducono in sensazioni fisiche e contemporaneamente influenzano il funzionamento del nostro corpo. Tali intuizioni erano già state evidenziate dal neurobiologo Francisco Varela negli anni 70 con il quale l’autore del libro ha studiato e ampliato negli anni lo stesso ambito di ricerca.
L’idea è che noi tutti siamo un corpo che si evolve continuamente perché percepisce, vive e pensa.
Nel libro si fa il punto sulle metodiche psicologiche, spesso di origini molto antiche, raccolte sotto la definizione di medicine complementari o “mente-corpo” indicando alcune tecniche come la meditazione, l’autosuggestione, l’ipnosi e la musicoterapia. Queste pratiche se da un lato permettono di limitare l’utilizzo di farmaci e le controindicazioni conseguenti, dall’altro incoraggiano il paziente ad agire positivamente e volontariamente sulla propria salute.
L’autore ci fa viaggiare in quest’universo parallelo per così dire, nella convinzione di allargare l’orizzonte scientifico per associarlo all’esperienza umana e ai poteri di trasformazione esercitati dalla mente.
L’idea centrale del libro si mostra nella capacità dell’uomo di ri-diventare attore e protagonista del proprio corpo contribuendo attivamente al processo della propria guarigione avendo tutti noi il potere di plasmarci biologicamente e diventare ciò che decidiamo di essere.
Troppo complesso tutto questo?
Forse…ma certamente molto affascinante anche per gli scenari allargati che l’autore apre in questo libro che si legge scorrevolmente nonostante la complessità dei temi trattati.
Nei primi cinque capitoli l’autore ci parla di mente, neuroni, epilessia, ipnosi e neuro feedback viaggiando tra passato e presente, tra patologie e sviluppi terapeutici sempre con uno sguardo neuro fenomenologico. Nei successivi cinque capitoli si affrontano i temi della meditazione, dello star bene con gli altri oltre a temi legati ai dialoghi tra neuroscienze e meditazione con un paragrafo dedicato alle conferenze Mind and Life nate dalla collaborazione di Francisco Varela con il Dalai Lama. Proprio sugli effetti della meditazione Le Van Quyen illustra come questa pratica è in grado di migliorare i livelli di concentrazione, di controllo delle emozioni dimostrando inoltre come sia possibile oggi esercitare funzioni specifiche del cervello con la tecnica del neurofeedback.
Molti temi trattati in questo libro tipo l’ipnosi o l’effetto placebo sono spiegati con riferimenti scientifici alla portata del lettore non esperto mantenendo una visione sempre globale che include il cervello biologico e l’esperienza unica e soggettiva della mente.
A questo punto vi chiederete: COSA HA A CHE FARE TUTTO QUESTO CON LA MUSICA?
Premesso che il nostro cervello cambia in base alle relazioni che stabiliamo con gli altri e che tale risonanza emozionale è il fulcro della nostra esistenza, la componente emotiva innescata dalla musica e collettivamente condivisa produce uno stato di benessere. Quest’effetto si crea grazie all’attivazione di circuiti neuronali che c’inducono a ripetere tutti i comportamenti che generano il piacere e la musica che amiamo è uno di questi.
L’autore riporta studi realizzati su volontari che ascoltavano il brano musicale prediletto misurando le variazioni di temperatura, respirazione e frequenza cardiaca. Le neuro immagini dei soggetti hanno mostrato un aumento della dopamina, oltre alla serotonina e all’adrenalina, sia in fase di aspettativa di un piacere a venire, cioè in anticipazione, sia in un secondo tempo quando il volontario è nel mezzo del suo diletto di ascolto.
Altre ricerche, che l’autore descrive, mostrano come un laboratorio di canto proposto a dei malati di Alzheimer ha permesso di costatare come questi pazienti riuscissero a memorizzare canti ritrovando una capacità che pensavano del tutto scomparsa.
Com’ è possibile tutto questo?
Sicuramente grazie alla componente emotiva innescata dalla musica ma anche grazie al valore socializzante e di legame interpersonale che l’esperienza corale attiva anche in pazienti in difficoltà così gravi.
In conclusione la nostra mente non è costituita da un unico “io” individuale, ma si costituisce e si modifica in un continuo interscambio tra interno e esterno da noi stessi in una dimensione sociale e collettiva.
Allo stesso modo l’esperienza del far musica si costituisce e si trasforma nella continua interazione tra interprete e ascoltatori dentro un linguaggio espressivo condiviso da entrambi che lega i due protagonisti in un’esperienza attiva di risonanza empatica.
Ecco perché v’invito a leggere questo libro che è una passeggiata dentro la potenza della mente e anche delle esperienze musicali capaci entrambe di indurre il cervello a fare cose sorprendenti variandone il funzionamento e perfino la struttura.
Alessandra Seggi
MICHEL LE VAN QUYEN, dirige un gruppo di ricerca presso l’Istituto del cervello e del midollo spinale dell’Ospedale Pitié-Salpetrière di Parigi. Si occupa di neuro fenomenologia, studiando i rapporti fra la dinamica del cervello, la coscienza e l’esperienza umana.
Il potere della mente, Ed Dedalo 2016, Bari.