Insegnare/imparare uno strumento musicale

Che cosa vuol dire in concreto imparare a suonare uno strumento musicale?
E’ una pratica cui tutti possono accedere o è necessario possedere talenti particolari?
Un luogo comune che spesso si presenta nelle riflessioni intorno alla costruzione di conoscenze artistiche, è l’opinione secondo la quale solo pochi soggetti nascono “dotati musicalmente” e quindi in grado di compiere un cammino musicale specifico. Una tale convinzione ha molto spesso incoraggiato un approccio didattico allo strumento costruito sulla pratica imitativa da applicare indistintamente a tutti gli studenti senza tener conto né delle diverse età né delle diverse competenze e modalità di costruzione delle conoscenze. Per sopperire a una mancanza di strumenti didattici idonei, gli insegnanti hanno spesso ripresentato gli schemi proposti dai docenti di strumento, che, a suo tempo, ciascuno ha ricevuto nella propria formazione, con tutte le problematiche annesse e conseguenti. Una tipologia d’insegnamento da applicare intuitivamente confidando nel talento individuale più che nelle capacità professionali di chi insegna.
Del resto la concezione dell’arte come atto creativo, irrazionale, unita all’idea che “artisti si nasce e non si diventa” ha contribuito non poco a disconoscere e svalutare la professionalità specifica dell’insegnamento musicale e strumentale.
Oggi, fortunatamente, quest’idea si sta progressivamente modificando anche grazie alle ultime ricerche neuroscientifiche e psicopedagogiche specifiche.
Infatti, non solo si considera l’esistenza di una dotazione musicale “normale” offerta a tutti, ma si guarda con attenzione anche al ruolo determinante che riveste lo sviluppo musicale in relazione all’educazione, all’ambiente e a tutte quelle variabili che concorrono nella formazione dell’individuo. I concetti stessi di apprendimento e insegnamento nel tempo si sono profondamente rinnovati tanto da essere    considerati    due    processi strettamente interconnessi.
In un processo formativo così costituito si attiva una “dinamica d’insegnamenti reciproci” dove il ruolo del docente e dello studente ruotano e dove entrambi si trasformano e crescono in una dinamica esperienziale.
Anche l’insegnamento strumentale, considerato fino ad alcuni anni fa un’attività di tipo manuale che non avesse la necessità di molte conoscenze teoriche, si sta trasformando in considerazione dell’idea che i saperi musicali, musicologici ma anche scientifici possano dare allo strumentista una consapevolezza maggiore del suo lavoro e quindi un’ autonomia più concreta e cosciente.
Il pensiero che si sta configurando in questi anni è di una formazione professionale basata sull’integrazione tra competenza esecutiva consapevole e una conoscenza delle variabili, psicofisiche, intellettuali ed emotive che intervengono nei processi di apprendimento di uno strumento musicale.
La performance strumentale impegna non solo sul piano intellettuale, astratto, ma anche sul versante corporeo in un binomio mente-corpo che nell’atto performativo è assolutamente inscindibile. Infatti, se consideriamo la natura del suono intrinsecamente corporea e fisica, di conseguenza anche la pratica musicale si mostra in stretta relazione con la corporeità dell’interprete.

L’opera    musicale    si    esprime concretamente attraverso il corpo in azione e il movimento diventa il fulcro attraverso il quale l’interprete trasferisce, su un piano gestuale, la sua idea sonora.

Intorno a tutto ciò si costruisce una sintonizzazione tra interprete e pubblico in grado di produrre una concreta condivisione simulata dell’esperienza musicale vissuta.
L’interprete codifica la propria performance anche in termini d’immagine corporea come una sorta di coreografia mentale che permette di ricreare l’esecuzione così come pensata, in qualsiasi situazione. Attraverso l’atto esecutivo, lo strumentista rende leggibili le relazioni che si stabiliscono all’interno della propria idea interpretativa. Tali atti sono anche la causa diretta sia della qualità espressiva sia della qualità sonora del risultato acustico nel suo insieme.
Alla luce di queste osservazioni possiamo considerare l’oggetto artistico come un atto di natura sociale capace di evocare risonanze di natura senso-motoria e affettiva in chi ascolta al pari di chi suona realmente.
La natura intersoggettiva della performance musicale si rivela nella capacità di rappresentazione mimetica di chi ascolta e quindi partecipa, anche involontariamente all’atto musicale nel suo complesso.
Le ricerche neuroscientifiche dimostrano che l’intelligenza sociale dell’uomo non è di natura esclusivamente meta-cognitiva ma è in buona parte frutto di un accesso diretto al mondo dell’altro. In questo senso tutte le azioni, intenzioni, atti imitativi, sensazioni, gesti, emozioni e parole traggono il proprio senso condiviso dal comune principio nel corpo in azione. Quest’ultimo non solo rappresenta il perno caratteristico della performance musicale ma è anche il centro attorno al quale si costruisce una sintonizzazione intenzionale che contraddistingue la reciprocità specifica d’ogni pratica interindividuale inclusa l’esecuzione musicale.
Nella pratica della didattica “accademica” come studenti di strumento abbiamo spesso vissuto le lezioni in un clima di timore, inibizione in cui la tendenza dell’insegnante era indirizzata a squalificare l’operato degli allievi evidenziandone prevalentemente le incompetenze e le incertezze. Una pratica didattica così strutturata può produrre un atteggiamento denominato di “impotenza appresa”: quando cioè sono troppo frequenti le situazioni d’insuccesso sia con gli insegnanti sia con il gruppo di pari o di familiari per cui facilmente    s’innescherà    uno    stato d’impotenza e di rinuncia che impedirà al soggetto di reagire credendo di non farcela e trasformando la situazione in una profezia che si auto-avvera.
Al contrario oggi, attraverso il processo di empowered, si favorisce una didattica che permette agli studenti di passare da una situazione di dipendenza e svantaggio a un rafforzamento delle proprie capacità di scelta, autodeterminazione sviluppando un sentimento del proprio valore in termini di autostima e autoefficacia. Il soggetto vedrà incrementata la percezione di controllo su ciò che accade creando le condizioni ideali per agire con auto-efficienza e certamente se uno strumentista riterrà, di essere capace di produrre una buona interpretazione, avrà anche molta più probabilità di realizzare il proprio desiderio. Perciò si tratta di non considerare più la “paura dell’errore” ma anzi, valutare l’errore stesso come una nuova occasione di scoperta e apprendimento.
Un altro aspetto che tipicamente ha fatto parte delle norme didattiche “accademiche” è stato lo studio isolato e solitario del singolo studente di strumento. Spesso il clima di competizione che si veniva a creare fra studenti ha inciso negativamente sulla creazione di un clima sereno e proficuo per lo studio e lo scambio reciproco.
Attualmente la didattica strumentale si è arricchita dei contributi offerti dall’ “apprendimento collaborativo” che consente la costruzione di un ambiente di apprendimento e relazionale capace di dare un senso al lavorare insieme. La cooperazione fornisce le basi per lo sviluppo individuale, per il confronto e per attivare processi metacognitivi condividendo scoperte, dubbi, errori e curiosità.
Un altro aspetto importante da considerare nella formazione musicale è la costruzione delle abilità di base: ascoltare, produrre, leggere e parlare. Quando s’impara la musica tendenzialmente tutti gli sforzi, si concentrano sullo sviluppo delle capacità di decodifica del codice e di trasferimento dal pentagramma alla diteggiatura specifica dello strumento. La produzione, da parte dello studente, è comunemente considerata l’abilità di lettura del brano e normalmente, con i principianti s’inizia proprio da questa pratica.
Eppure ci sono molti studi e ricerche specifiche che suggeriscono di lavorare su altre pratiche più efficienti e motivanti come per esempio, comporre in tempo reale i propri brani attraverso la tecnica dell’improvvisazione. Così facendo si svilupperanno le capacità di produzione autonoma del proprio pensiero sonoro per costruire la conoscenza attraverso un’esperienza individuale e collettiva originale di elaborazione delle idee e dei mezzi espressivi utilizzati.
Naturalmente tutto ciò si potrà realizzare, all’interno di un processo formativo, in un clima sereno e di positivo sostegno in cui lo studente viva una condizione di equilibrio affettivo ed emotivo per impegnare la sua energia psichica sul piano dell’attività cognitiva. L’apprendimento stesso è guidato dalle emozioni intrinseche che ad esso lo studente attribuisce: così più si generano emozioni positive più l’apprendimento sarà facilitato. Non è un caso che fra le materie che abbiamo amato di più ci siano proprio quelle che ci sono state trasmesse da un docente capace d’infondere sicurezza, fiducia, energia e curiosità.
La componente fondamentale dell’insegnamento, a cui non sfugge anche quello strumentale, è la relazione che s’instaura tra docente-studente e fra componenti del gruppo di pari. La qualità di queste relazioni è il nodo cruciale del processo formativo ed è forse anche il problema più difficile che l’insegnante affronti. Il lavoro andrà incentrato sullo sviluppo delle proprie capacità relazionali e comunicative e non solo sulle abilità tecniche strumentali specifiche. La comunicazione empatica con il docente e con il gruppo di pari si configura come una componente fondante della dimensione dialogica e del coinvolgimento emotivo e cooperativo di entrambi i protagonisti della relazione.
Spesso come insegnanti siamo più preoccupati di trasmettere saperi più che di riflettere sul senso di benessere e autoefficacia che prova il nostro studente durante una lezione. Sembra che l’idea di piacevolezza, curiosità, autorealizzazione debba tenersi a distanza da una lezione accademica. Eppure le ricerche di psicologia musicale confermano da anni che la motivazione e la presenza di stati affettivi piacevoli sono elementi indispensabili per raggiungere alti livelli di prestazione.

Tali studi ci suggeriscono di passare dall’idea di talento alla motivazione, alle ore dedicate allo studio ma anche dedicate al gioco e al piacere per assistere a un aumento considerevole della capacità e abilità strumentali. In questo clima positivo e solo così, il rispetto, la fiducia reciproca, favorirà le condizioni migliori per l’apprendimento e l’espressione delle proprie potenzialità.
Alla luce di queste considerazioni la didattica strumentale può uscire dalla propria specificità tecnicistica ampliando la riflessione su altri temi e allargando realmente il proprio orizzonte conoscitivo, sviluppando una strategia didattica che, tenendo conto delle variabili psico-fisiche ed emotive, generi nel suo farsi consapevolezza, motivazione e autonomia.
Il rinnovamento della didattica, intesa come scienza dell’insegnamento, oggi si orienta verso una complessità e seguendo questa impostazione si passa dal sapere come possesso di nozioni a un’esperienza di conoscenza intesa come il divenire di qualcosa che ci trasforma interiormente. Per l’insegnante di strumento si tratta di produrre una variazione di pensiero e comportamento passando a una pratica formativa costruita sull’integrazione tra competenza esecutiva e conoscenza consapevole di tutti i fattori che intervengono nei processi d’insegnamento e apprendimento di uno strumento musicale. In questa modalità l’insegnante sarà in grado di trovare strategie diversificate ed efficaci con studenti dalle diverse capacità, stili e modalità di costruzione delle conoscenze personalizzando l’intervento didattico e ottimizzando il processo formativo nel suo insieme. Agendo così l’insegnante metterà in atto una metodologia di ricerca non solo nel dare risposta ai quesiti generali dell’apprendimento strumentale, ma anche nell’individuare risposte a quesiti intersoggettivi ricercando un carattere di oggettività delle risposte.
In altre parole si tratta di passare a un fare didattico che s’impegni nel dare risposte ai problemi attraverso un procedimento rigoroso, verificabile e quindi replicabile.
Per    concludere    si    sottolinea l’importanza di aprire lo sguardo a nuovi modi con cui discutere e affrontare i problemi, di tecnica, interpretazione riflettendo criticamente sulle pratiche del passato e, contemporaneamente, aprirsi ai nuovi contributi che la ricerca ha messo a disposizione sui diversi temi riguardanti la formazione dei musicisti.

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